
Comunicazione outdoor e transit
La pubblicità oggigiorno ci circonda, ci stimola, riempie il nostro tempo e i nostri occhi. Ovunque ci giriamo siamo avvolti da cartelloni pubblicitari e da gigantografie di prodotti commerciali. Nella nostra testa riecheggiano continuamente canzoni e slogan di spot televisivi o radiofonici. I canoni che la pubblicità, con la sua enorme pressione, ci impone e i valori che essa esporta si calcificano nelle nostre menti e ci inducono a fare certe scelte piuttosto che altre. Ma come accade tutto questo oggigiorno? Con quali modalità e con quali risultati le aziende comunicano con il consumatore? Cerchiamo di capirlo analizzando come si è evoluta la pubblicità negli ultimi anni e quali trasformazioni ha subito con l’avvento delle nuove tecnologie.
Fino a soli 15-20 anni fa, le modalità con cui le aziende interagivano con i loro potenziali clienti erano profondamente più semplici (ma comunque non banali) rispetto a quelle che vediamo oggi. Tutte le strategie di réclame per la sponsorizzazione dei prodotti ruotavano un tempo attorno a due concetti cardine: il messaggio e la frequenza.
Il messaggio non corrispondeva altro che all’interrogativo per l’azienda del “come lo dico?”, ossia quali parole dovevano essere scelte per comunicare il più efficacemente possibile i pregi e i vantaggi del prodotto sponsorizzato; la frequenza rispondeva invece al quesito “quanto lo dico?”, inteso come la risonanza che il messaggio mediatico aveva all’interno della comunità (in parole spicciole, quante persone erano al corrente del prodotto o del servizio pubblicizzato).
Nell’epoca pre-digitale, i mezzi che le aziende avevano a disposizione per dare risonanza alla loro voce erano piuttosto limitati: si organizzavano grandi campagne televisive, campagne stampa tramite riviste e quotidiani, campagne radiofoniche e affissioni nelle città. Come si può facilmente intuire, data la ristrettezza dei media, maggiori erano le risorse economiche che si avevano a disposizione da destinare alla pubblicizzazione del proprio prodotto o servizio, maggiore era la possibilità di monopolizzare (mediaticamente parlando) un certo settore produttivo tramite l’aumento esponenziale della frequenza. Si veniva perciò a creare una sorta di “oligarchia” pubblicitaria che avrebbe messo in luce soltanto le aziende più potenti lasciando nella semi-oscurità tutte le altre.
Ad oggi uno scenario del genere è difficilmente immaginabile. Questo perché, con l’avvento dell’era digitale, stiamo passando gradualmente dal “cosa dico” e dal “quanto lo dico” al “come lo dico”. La campagna pubblicitaria non è più la regina incontrastata della comunicazione, e questo sicuramente grazie all’avvento delle piattaforme digitali che hanno reso i prodotti ed i consumatori stessi interattivi. Il destinatario del messaggio pubblicitario non subisce più passivamente la réclame, ma diventa attore e protagonista di essa.
Tutto ciò, unito ad altri fattori, ha portato alla nascita della comunicazione outdoor e transit.
La comunicazione out-of-home (o comunicazione outdoor) riunisce tutte le forme pubblicitarie che coinvolgono il consumatore quando è al di fuori della sua abitazione. A differenza dei media che erano tipici dell’era pre-digitale e che richiedevano un utilizzo volontario da parte del consumatore (come tv, giornali, radio), queste altre tipologie di comunicazione (prevalentemente cartellonistica) sono utilizzate dalle agenzie pubblicitarie per coinvolgere le persone in maniera involontaria e inaspettata. A ciò si unisce, in modo quasi complementare, il digital out of home (o dooh), un settore che si occupa della diffusione e dell’installazione di spazi pubblicitari digitali e interattivi nei centri abitati. Questo aspetto della comunicazione è in grado di legarsi in maniera armoniosa, più di tutti gli altri, all’urbanistica e all’architettura: la pubblicità si integra ed entra così a far parte dell’arredo urbano e degli spazi pubblici, dove le persone passano quasi sicuramente quando si trovano fuori dalla propria abitazione. Un altro vantaggio del dooh è che questo riesce a coinvolgere al suo interno anche il ramo dell’online advertising, che altrimenti resterebbe in gran parte escluso dall’outdoor advertising.
La comunicazione transit, che può essere considerata come una sottocategoria (o quantomeno un aspetto interno) della comunicazione outdoor, è nata con l’esigenza di coinvolgere anche i mezzi di trasporto che si aggirano nel tessuto urbano ed extraurbano nel mondo dell’advertising. Con la diffusione nelle nostre città di un numero sempre maggiore di veicoli in transito, le agenzie di pubblicità si sono accorte che questi potevano essere un tramite di comunicazione e diffusione estremamente efficace. I mezzi presi maggiormente di mira sono stati naturalmente quelli legati al trasporto pubblico: autobus, tram e metropolitane in primo luogo. Altresì sono stati interessati anche i luoghi dove le persone trascorrono il tempo in attesa di essi, come gli aeroporti e le fermate dei bus e della metro.
Infine è opportuno sottolineare un altro fenomeno della pubblicità dell’era digitale: il programmatic advertising. Se volessimo dare una definizione di programmatic adv, potremmo spiegarlo come l’utilizzo di particolari software per l’acquisto di uno spazio pubblicitario. Questo meccanismo sottrae in parte il lavoro agli operatori nel settore delle negoziazioni pubblicitarie, e rende obsoleti i meccanismi fino ad ora usati come le RFP (request for proposal).
Il vantaggio principale che questo metodo comporta è facilmente intuibile: velocizzare la compravendita di postazioni pubblicitarie e rendere maggiormente accessibile a tutte le aziende la possibilità di mettersi in luce. Portare la programmatic adv in Italia è lo scopo di Buukit.com, ponte digitale tra le aziende che vogliono pubblicizzare i propri servizi o prodotti e le concessionarie pubblicitarie. Uno strumento innovativo e del tutto digitale che velocizza l’acquisto e la vendita di uno spazio pubblicitario, oltre che pianificare in modo del tutto automatico campagne pubblicitarie ad hoc (sfruttando il criterio del proximity marketing) per le grandi e PMI.
In mezzo a questo enorme cambiamento che abbiamo analizzato, ci rendiamo conto come il concetto di campagna pubblicitaria stia venendo a poco a poco abbandonato. Ad oggi è diventato essenziale per le aziende costruire quella che si può definire un’ “architettura della comunicazione”. La scuola di pensiero secondo cui il consumatore deve subire passivamente il messaggio pubblicitario non può più essere valida. Occorre oggi che il destinatario sia coinvolto nell’attività di réclame, e che si senta parte integrante dell’oggetto o del servizio che l’azienda gli sta offrendo.