
I cartelloni pubblicitari a Milano della discordia
Sono apparsi in questi giorni cartelloni pubblicitari a Milano che hanno suscitato non poche polemiche. Poste Italiane ha creato una campagna pubblicitaria completamente in arabo per sponsorizzare un nuovo servizio per spedire denaro nei Paesi arabi. Chiaramente qual è stata la prima forza politica ad insorgere? Neanche a dirlo, la Lega Nord.
“Quella pubblicità è incomprensibile alla stragrande maggioranza dei passanti”, tuona Alessandro Morelli, capogruppo della Lega Nord a Palazzo Marino. “Una pubblicità completamente in arabo. Ecco come Poste Italiane, promuove l’integrazione nelle nostre città con una campagna pubblicitaria incomprensibile alla stragrande maggioranza dei passanti. Non finiamo di lamentarci delle kebabberie che hanno insegne in arabo o negozi di Paolo Sarpi che cancellano l’italiano a favore del cinese che persino un’azienda controllata dal governo fa esattamente l’opposto rispetto a quanto necessario per favorire l’integrazione”.
Il capogruppo del Carroccio a Palazzo Marino fa presto a chiedere che siano rimossi tutti i cartelloni pubblicitari, che ritraggono una donna velata e una bambina accompagnate da una scritta in arabo.
“L’azienda di Stato è ‘qui per aiutarti’ – ironizza Morelli – evidentemente a far sparire denaro dall’economia italiana verso Paesi terzi”. E conclude “In questi giorni Milano sta già dimostrando quanto siano pericolosi i ghetti che si stanno formando in varie zone a causa della complicità del sindaco Sala rispetto alle politiche di invasione del duo Renzi-Alfano”.
Ma non solo questi sono i cartelloni pubblicitari a Milano che fanno discutere. A marzo di quest’anno il capoluogo lombardo era tappezzato da cartelloni pubblicitari non poco inquietanti: ritraevano il volto, truccato con ombretto e rossetto, del dittatore del Nord Korea Kim Jong-un. Inquietante perché? Per lo slogan che recitava: “The leader is coming” o “Follow the leader”. I cartelloni pubblicitari non sono altro che il primo passo offline del nuovo progetto di Max Papeschi, noto artista per il suo animo “politically-scorrect”, dal titolo “Welcome to North Korea”. L’artista ha finto di essere stato contattato e nominato direttamente da Kim Jong-un come Ministro della Propaganda internazionale della Repubblica Popolare Democratica di Corea, con la missione di “divulgare in tutto il mondo l’anima gloriosa della prospera e potente nazione della Corea del Nord.”
Sotto i cartelloni pubblicitari, una scritta che rimanda al sito www.welcometonorthkorea.org: qui un ironico Kim Jong-un presenta “con grande soddisfazione” il progetto “Made in North Korea” . “Dal 2016 sarà possibile apprezzare i grandi artefatti della nostra nazione prospera e potente in una serie di temporary store in tutto il mondo. E tutto ciò sarà realizzato a mano nelle nostre colonie penali. Grazie a questa operazione i nostri prigionieri potranno riabilitare finalmente la loro posizione e purificare le loro anime”. Sul sito vengono mostrati gadget divertenti e provocatori, come Tshirt e profumi con l’icona di Kim. Sponsor dell’operazione è The Mad Box, società di comunicazione “out of home“, che propopone anche maxischermi pubblicitari led posizionati in aree strategiche e di grande visibilità.
Il progetto è stato presentato il 22 aprile a Milano dove è stata inaugurata con la partecipazione dei più importanti nomi del mondo dell’arte del secolo scorso; Marina Abramovic, Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, Piero Fornasetti, Lucio Fontana, Damien Hirst, Andy Warhol, Jeff Koons e Banksy che hanno realizzato appositamente per questa esposizione nuove versioni dei loro migliori capolavori, in omaggio al Caro Leader Kim Jong-un.